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Glocal DOC - “Il cinema indipendente non muore”: a Glocal DOC l’incontro con Luca Lucini, Marco Scotuzzi e Carlo Prevosti - - Varese News

Glocal DOC - “Il cinema indipendente non muore”: a Glocal DOC l’incontro con Luca Lucini, Marco Scotuzzi e Carlo Prevosti -  - Varese News
Luca Lucini

Il sistema traballa, i fondi pubblici rallentano, le regole cambiano. Eppure, «il cinema non muore»: può essere ferito, ma trova sempre un modo per esistere. È la frase-chiave emersa nell’incontro “Il nuovo regista indipendente: direttore artistico dell’opera e anche comunicatore” a Glocal DOC, dove Luca Lucini, Marco Scotuzzi e Carlo Prevosti hanno messo a nudo il mestiere del regista oggi: creatività, produzione, comunicazione, resistenza.

Lucini: «Ogni film va comunicato in modo diverso. E con la mazzata al tax credit serve ripartire con un altro spirito»

Regista tra major e indie, Luca Lucini ha raccontato il doppio versante del lavoro: da un lato i progetti “da studio”, dall’altro la filiera artigianale dei piccoli film «curati con affetto fino alla sala», tra slot difficili e accordi con le multisale.Sui fondi: «Gli standard di comunicazione sono spesso ripetitivi; ogni film merita una strategia propria, e chi meglio di regista e attori può immaginarla? Con il tax credit negli ultimi anni ci sono state storture: chi ha giocato sporco ha danneggiato tutti, soprattutto i più deboli. Questa crisi può diventare occasione per ripartire con un altro spirito. Il cinema non muore, anche se qualcuno sembra volerlo rallentare».

Prevosti: «Siamo i partigiani del cinema: piccole sale e circuiti alternativi stanno rifiorendo»

Carlo Prevosti ha portato l’esperienza di documentarista-produttore “di se stesso”: «Dal 2011 ho lavorato con micro-budget, ora sto chiudendo il primo progetto con un vero finanziamento ministeriale. I produttori piccoli non hanno divani pieni di soldi: cercano bandi, inventano “finanza creativa”, tengono in piedi micro-case di produzione».Uno spiraglio arriva dalle sale: «Dopo il Covid sembravano spacciate, invece realtà come Beltrade a Milano e cineforum locali dimostrano che il pubblico riconosce cura e sincerità. Siamo partigiani del cinema: film piccoli, fatti con amore, possono dire di più dei blockbuster in serie».

Luca Lucini
Scotuzzi: «Ci siamo dissanguati per dieci anni. Ma i festival (e una rete di persone) possono ancora cambiare il destino di un’opera»

Con una filmografia nata “dal basso”, Marco Scotuzzi ha ripercorso dieci anni di corti autofinanziati, premi reinvestiti, una distribuzione internazionale conquistata passo dopo passo e un lungometraggio “costato come una Panda” poi uscito con Medusa: «Nessun mito: tutti facciamo altro per sostenere i progetti. La comunicazione è un pezzo del lavoro, spesso la fanno meglio i più giovani; i festival restano decisivi se sai dove e come presentarti. Il rischio è che anche i grandi festival inseguano logiche di piattaforme, ma una rete di persone giuste può ancora spostare l’ago».

Regista = autore, produttore, comunicatore

Dall’incontro è emersa una figura di regista “totale”: autore, ma anche selezionatore di sale, strategist di poster e trailer, mediatore con piattaforme e media. Lucini: «Ogni film ha la sua voce: poster, uscita, posizionamento non possono essere standard. Coinvolgere chi il film l’ha fatto non è un vezzo, è efficienza».

Fondi, bandi e “finti indipendenti”

Capitolo politiche: produttori indipendenti acquisiti da grandi gruppi, accessi ai bandi sempre più complessi, rimborsi che tardano («su un film da 400mila euro c’è chi aspetta il 35–40% da anni»). Risultato: «Chi è realmente indipendente rischia di chiudere». Ma proprio qui torna il mantra condiviso: ripensare le regole, senza rinunciare al cinema.

Nuove generazioni e nuove forme: perché la speranza c’è

Non solo crisi. Scotuzzi e Prevosti vedono nella formazione una sensibilità più completa su produzione e distribuzione; nelle seconde generazioni di registi «sguardi freschi e storie nuove»; nei social e in YouTube una palestra imperfetta ma fertile. Lucini: «Oggi si gira anche con uno smartphone e un faretto: l’accesso è più facile, la concorrenza enorme. Ma chi ha il fuoco, emerge. E l’esperienza in sala, per i giovanissimi, resta speciale: da consumatori a spettatori».

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